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Ad oggi esistono molte tecniche per piegare una carta segretamente. Sono stati sviluppati metodi ad una mano e a due mani, sempre finalizzati a una totale invisibilità della tecnica. Il metodo a due mani più conosciuto è la piega chiamata “Mercury Fold”, eseguita sulla carta inferiore del mazzo, permettendo di piegarla in quattro.
La prima descrizione di questa tecnica risale al 1936, sul fascicolo di Franklin M. Chapman “Six Bits” *, all’interno di un effetto chiamato “A Sure Bet” (una carta scelta viene trovata piegata in quattro all’interno di una scatola di fiammiferi), del quale però non viene citato il creatore. Tuttavia, lo stesso Chapman, si complimenta con il misterioso inventore per il suo grande fiuto per gli effetti e di un grande talento per nascondere le tecniche utilizzate. Tre anni dopo, nell’ aprile del 1939, sempre lo stesso Chapman pubblica un numero di “Chap’s Scrapbook” (rivista creata l’anno prima, 1938-1940), dove è contenuta nuovamente la stessa descrizione dell’effetto (Chapman lo presenta come uno dei suoi effetti preferiti in assoluto) senza fare riferimenti, crediti e nomi.
L’anno dopo, nel 1940, appare per la primissima volta il nome “Mercury”, legato a questa tecnica, all’interno dell’effetto “Mercury’s Card” in “Expert Card Technique” di Jean Hugard e Frederick Braue. Tuttavia, anche in questo libro non viene citato l’autore.
Ancora oggi, sebbene questa tecnica sia stata pubblicata svariate volte con e senza variazioni nel maneggio, nel numero di pieghe e nel nome, rimane ancora sconosciuto il suo inventore. Tuttavia, alcune pubblicazioni accreditano il maneggio classico a John Scarne e ad oggi sembra essere la teoria più accreditata. La prima pubblicazione del “Mercury Fold” accreditato a Scarne è contenuta all’interno del libro di Frederick Braue e Jeff Busby “The Fred Braue Notebooks Volume 3” (1985), con il titolo “Fold for Card: Scarne”. Inoltre anche Stephen Minch nel libro di Tommy Wonder “Books of Wonder 1” (1996) nella spiegazione del “Two-Second Card Fold”, citando la tecnica originale (e il libro “Expert Card Technique”) la accredita a Scarne, dicendo che è “un fatto venuto recentemente alla luce”.
Altre versioni sono state create, alcune degne di nota. Eccone alcune:
·Il “Card Fold” contenuto all’interno del fascicoletto “Creative Magic” (1973) di Dick Zimmerman, il cui maneggio permette di piegare una carta scelta a metà mentre si chiude un ventaglio.
·il “Flash Fold” di Father Cyprian pubblicato sul periodico francese “Arcane” (issue 12, 1984), dove una carta è piegata in precedenza nascondendo però la sua condizione mentre è firmata.
·“Folding the Contract” contenuto all’interno di “Workers Number 3” (1993) di Michael Close, dove la piega è effettuata in tasca, e può anche essere eseguita con le carte jumbo.
“The Two-Seconds Card Fold” creato dal geniale Tommy Wonder e pubblicato su “Books of Wonder 1” (1996). Il maneggio è un miglioramento alla piega classica, permettendo di piegare la carta in 8. Inoltre Tommy Wonder dà numerosi consigli su come eseguire al meglio la tecnica e su come allenarla correttamente.
È conosciuto, come già detto, anche il maneggio ad una mano. La prima apparizione risale al 1938 sul leggendario libro da più di mille pagine “Greater Magic” di John Northern Hilliard, spiegato all’interno dell’effetto “A Card Mouthful” (una carta che appare piegata in 4 in bocca) che a quanto dice era un cavallo di battaglia di John Scarne. Lo stesso anno sulla rivista “The Sphinx” (Vol. 37 No. 5, July 1938) di William Hilliar viene spiegato lo stesso maneggio, all’interno di un effetto chiamato “Cash and Change-Purse”. Così, anche questa tecnica per piegare una carta segretamente appare su “Expert Card Technique” (esattamente dopo la spiegazione dell’effetto “Mercury’s Card” citato prima), sotto il nome di “Folding a Card”, dove gli autori citano l’effetto della “Carta in Bocca” di Max Malini.
*Six Bits è parte della trilogia che comprende anche altri lavori di Chapman quali: “Another Six Bits” (1936) e “Six Bits More” (1937). Questi tre sono poi stati raccolti in un unico fascicoletto “Three Six Bits” dallo stesso autore (1947).